Un pomeriggio di agosto del 1988, la piccola Mari Konno di 4 anni uscì di casa per andare a giocare da un'amica. Alle 23 passate, il padre, non vedendola tornare, ne denunciò la scomparsa alla polizia. Più o meno nello stesso momento, la bambina stava morendo strangolata.
Iniziò così la serie di omicidi perpetrati dal ventiseienne Tsutomu Miyazaki, che violentò
e strangolò altre 3 bambine.
La vita isolata di Tsutomu iniziò il 21 agosto del 1962, quando nacque prematuro. Pesava solamente 2 kg e 200 grammi e soffriva di una deformazione alle mani che non gli consentiva di piegare i polsi verso l'alto. Tale deformazione lo perseguitò fin dalla più tenera età poiché, fin da quando aveva 5 anni, i suoi compagni di scuola lo prendevano in giro per le sue 'mani mostruose'.
Tsutomu era un ragazzo quieto e solitario, ma anche estremamente studioso, tanto che ottenne il punteggio massimo agli esami per il passaggio al liceo.
In quello stesso periodo, crebbe anche la sua passione per i fumetti dei quali divenne un accanito lettore, arrivando anche a disegnarne di proprio pugno. Grazie all'influenza del padre (editore del più importante quotidiano della zona e uomo dalla grande influenza politica), Miyazaki iniziò a lavorare in una tipografia e si trasferì di nuovo dai genitori, dividendo con la sorella minore una specie di dependance.
Tsutomu evitava le donne della sua età, probabilmente perchè era fisicamente immaturo.
Un compagno del liceo, ricorda che il suo pene era non più lungo di uno stuzzicadenti e poco più grosso di una matita.
Nonostante ciò, possedeva appetiti sessuali al di sopra della media. Al college era solito scattare fotografie alla biancheria delle tenniste. Poi, una volta stufo della pornografia che ritraeva gli adulti, passò alle riviste con le ragazzine, poiché la legge giapponese vieta solo l'esposizione dei peli pubici e non quella degli organi genitali.
La molla che fece scattare la sua follia omicida fu forse la morte del nonno, avvenuta nel maggio 1988. Quella con il nonno era la sua unica relazione normale con un adulto e il suo decesso fu un duro colpo per Tsutomu.
In seguito, l'assassino confessò di aver mangiato alcune delle sue ossa cremate, perchè voleva incarnarsi in lui.
Questa dipartita inoltre, estraniò definitivamente Tsutomu dalla famiglia e dalla vita: in seguito confessò di aver ucciso dei gatti, gettandoli nel fiume o nell'acqua bollente e di aver sgozzato alcuni cani con il fil di ferro.
Come detto, la prima bambina che morì fu Mari Konno.
Sei settimane dopo, l'assassino notò la piccola Masami Yoshizawa, di 7 anni. La persuase a salire in macchina e raggiunse le colline. La strangolò, la spogliò e abusò del cadavere. Quando il corpo della bambina ebbe una contrazione automatica, Tsutomu corse alla macchina terrorizzato, lasciando la salma a meno di cento metri da dove giacevano i resti della piccola Mari, ancora non scoperti dalla polizia.
Nonostante fosse sconvolto dall'accaduto, Tsutomu uccise ancora.
La terza vittima fu Erika Namba, attirata anche lei dentro l'automobile. Il maniaco la convinse a spogliarsi sul sedile posteriore e cominciò a scattarle delle fotografie. Erika continuava a
piangere, così Tsutomu la afferrò per la gola e si mise a cavalcioni su di lei per schiacciarla mentre la soffocava. Una volta uccisa, la avvolse in un lenzuolo, la mise nel bagagliaio e si disfò dei vestiti buttandoli nel bosco adiacente.
Dopo qualche chilometro, decise di sbarazzarsi del cadavere buttandolo nel bosco e così fece. Questa volta però il corpo di Erika venne trovato il giorno seguente.
La polizia non faticò molto a collegare questo assassinio alla sparizione di Mari Konno e Masami Yoshizawa, tanto più che le loro famiglie continuavano a ricevere telefonate mute o inquietanti cartoline.
In particolare, quella ricevuta dalla famiglia Namba, composta da lettere tagliate dai giornali, recitava:
" Erika.Tosse. Gola. Riposo. Morte "
La mattina del 6 febbraio 1989, mentre si recava al lavoro, il padre di Mari Konno (la prima vittima) trovò una scatola sulla soglia della sua abitazione. Conteneva della cenere, frammenti ossei, dodici denti da latte, foto di biancheria intima infantile e un foglio di carta con la scritta " Mari. Ossa. Cremate. Investigate. Prove."
Miyazaki era tornato sul luogo del delitto e aveva rimosso i resti.
Successivamente, ai genitori della bambina arrivò anche la seguente lettera:
"Prima che me ne rendessi conto il suo corpo stava diventando rigido. Volevo incrociargli le braccia sul petto ma non riuscivo a muoverle. Ben presto numerose macchie rosse si manifestarono su tutto il corpo, sembravano dei timbri. Sembravano tante bandiere giapponesi. Prima sembrava rigido, ma ora sembrava come se fosse gonfio d'acqua. E puzzava. Puzzava tremendamente come
mai nella vostra vita abbiate sentito."
Tsutomu evitava ormai di andare al lavoro per rimanere a casa a guardare i suoi videotape.
Il 1 giugno, notò delle bambine che stavano giocando vicino ad una scuola elementare e costrinse una di loro a togliersi le mutandine. Mentre la stava fotografando, dei passanti si accorsero di lui, mettendolo in fuga. Nonostante questo, il killer tornò a colpire solo 5 giorni dopo.
Il 6 giugno, mentre camminava in un parco, si accorse di Ayako Nomoto, una bimba di 5 anni che stava giocando in solitudine.
Le chiese di posare per delle fotografie, prima all'esterno e poi all'interno della sua auto.
Mentre le porgeva dei dolci, Ayato fece un commento sulle sue mani deformi. Irritato, Tsutomu indossò un paio di guanti di gomma e la afferrò per la gola. La bambina cominciò a tirare dei calci per difendersi, ma cedette dopo qualche minuto. Per sicurezza, la imbavagliò e le legò le mani con del fil di ferro, poi avvolse il corpo in un lenzuolo e lo mise nel bagagliaio.
Questa volta portò a casa il cadavere, fermandosi prima in un videoshop per affittare una telecamera.
Una volta in casa, spogliò la bambina e la depose su un tavolo a gambe aperte. Cominciò poi a riprenderla mentre si masturbava. Due giorni dopo, l'odore del corpo che iniziava a decomporsi divenne insopportabile, perciò Tsutomu le tagliò le mani, la testa e i piedi, in modo da renderne impossibile l'identificazione. Nascose i resti in un bagno pubblico e, tornato a casa, arrostì
le mani, i piedi e la testa tagliate della bambina e ne mangiò le carni. Le ossa rimaste le nascose in un adiacente boschetto, teschio compreso. Bruciò i vestiti, il lenzuolo e il sacco che li aveva contenuti.
Nonostante tutte queste precauzioni, le spoglie di Ayako vennero ritrovate e identificate.
La sanguinosa carriera di Tsutomu fu interrotta, il 23 Luglio 1989, da un comune cittadino che grazie alla segnalazione di una delle figlie, lo sorprese in flagrante mentre stava fotografando l'altra, nuda. Arrestato sotto l'imputazione di "costrizione di minori a commettere atti osceni", dopo 17 giorni, l'assassino si decise anche a confessare tutta la serie dei suoi omicidi.
Una volta arrestato, la polizia trovò in casa sua circa seimila videocassette porno e splatter, nonché numerosissime a cartoni animati. Mescolate a questa collezione vi erano poi filmati e foto delle vittime.
Miyazaki è rimasto incarcerato fino al 1997, quando si è conclusa la batteria di valutazioni psichiatriche che la prefettura di Saitama aveva ordinato per il suo caso.
Secondo il team di psichiatri che lo ha analizzato per ben 7 anni, Tsutomu è affetto da un disturbo multiplo della personalità e da schizofrenia estrema, ma era comunque consapevole della gravità e delle conseguenze dei suoi crimini perciò, pochi mesi dopo, è stato condannato a morte per impiccagione.
Dopo un decennio trascorso nel braccio della morte, il 17 giugno 2008, l'assassino è stato giustiziato.
Fonte:occhirossi.it